Bentornati alla rubrica settimanale con le interviste ad Autori e Autrici emergenti.
Per l’incontro di oggi del nostro “Caffè Letterario” abbiamo il piacere di avere con noi Lisa Ci, che ci parlerà un po’ della sua storia e del suo percorso come scrittrice.
Benvenuta Lisa, come prima cosa direi di iniziare con le presentazioni. Dicci come ti chiami e nel caso di un nome d’arte raccontaci come lo hai scelto e perché?
Sono Lisa Ci. e il mio pseudonimo è un omaggio a una maestra che ora non c’è più e che ha sempre creduto nelle mie doti. Quando sono Lisa, sono ancora quella ragazzina piena di sogni, spensierata e convinta di essere in grado di esaudirli tutti.
Un’ottima scelta per il tuo pseudonimo ed è veramente dolce l’omaggio alla maestra che non c’è più. Cosa posso offrirti Lisa per accompagnare la nostra chiacchierata?
Caffè normale senza zucchero e tisane a gogo, di qualsiasi tipo. Se poi c’è dello zenzero ancora meglio. Amo i sapori forti e piccanti.
Come nasce la passione per la scrittura?
Ho sempre scritto da che io ne abbia memoria. Fa parte di me. Non è una cosa che è nata nel tempo o dall’esigenza di dire qualcosa in particolare. Certo poi, negli anni, le motivazioni dello scrivere sono diventate più complesse e diverse. Ma riempio pagine e pagine da ormai trent’anni.
Cosa ti ha fatto dire “voglio scrivere un libro”?
Di libri ne ho scritti tanti. Cosa mi ha fatto dire “questo lo pubblico”? Ho voluto, dato il periodo pesante che stiamo vivendo, cercare di far trascorrere qualche ora lieta ai lettori. Emozionare, far sorridere e regalare loro storie e personaggi che facciano dimenticare per un momento il grigio che abbiamo intorno. Non so se ci sono riuscita, spero di sì.
Quale genere scrivi e come mai ti sei approcciata a quel genere?
Scrivo romanzi. Se vogliamo per forza catalogarli, direi rosa, ma in nessuno c’è solo l’amore. Ci sono mille sfumature diverse. Quindi, rosa, rosso o nero: l’importante, per me, è che un romanzo dia luce. Che arrivino le tante emozioni diverse che contiene. Che racconti una storia e che dia un messaggio, uno spunto di riflessione. Che quando lo chiudi, pensi: caspita, avrei voluto altre cento pagine. Ecco, quello, è il mio obiettivo. Indipendentemente dal genere.
Qual è la prima cosa che ricordi di aver scritto?
Un lungo riassunto delle vacanze estive in chiave tragicomica in quarta elementare. E’ stato lì che è scattato qualcosa in me. Quel lungo tema è stato quasi messo in cornice da mia zia. Anche lei ha sempre creduto in me. Passavamo ore al telefono di sera e io le leggevo i miei scritti.
Ti definiresti più Plotter o Pantser? Ti piace avere tutti i dettagli sotto mano della storia prima di iniziare a scriverla oppure scrivi più “di pancia”?
Scrivo assolutamente di pancia. Le idee nascono da sole, ho una fervida fantasia e spesso, durante le camminate o le sessioni di meditazione, la mia mente vaga e crea gli intrecci. Butto giù su un foglio solo la traccia e delineo i personaggi sotto ogni aspetto. Poi ricerco i luoghi e le informazioni che mi servono. Per il resto, pc e one-drive sincronizzato su ogni dispositivo e via con le danze. In questo modo, ovunque mi trovi, posso seguire il flusso creativo e scrivere ciò che mi viene in mente.
Ti piace ascoltare musica quando scrivi oppure preferisci il silenzio? In caso di musica, cosa ti piace ascoltare?
Scrivendo spesso la sera ho bisogno di isolarmi dal resto della famiglia. Per cui infilo le cuffie e via di rock melodico e musiche soft. Faccio partire qualche mix di Spotify, basta sia in inglese così le parole non si sovrappongono a quello che scrivo… Poi mi piace ricercare canzoni i cui testi abbiano un significato anche per certe scene del libro. E di solito scelgo una canzone che faccia da fil rouge al romanzo. In “L’eccezione alla sua regola”, ad esempio, è Patience dei Guns ‘n Roses. Del romanzo in arrivo, invece, posso solo dire che saranno le canzoni di una famosa band rock britannica, ad essere protagoniste.
Quanto tempo impieghi per scrivere un romanzo?
Un anno circa dalla prima parola alla presentazione alla CE. Questo almeno è successo per i due (quello pubblicato in dicembre e il prossimo che vedrà la luce).
Scrivo molto velocemente, sono dattilografa, ho una media di circa 90 parole al minuto e questo mi aiuta a seguire ciò che la mente quasi mi detta, mentre immagino le scene e i dialoghi dei personaggi.
Poi c’è uno stop di almeno un mese e mezzo dove lascio perdere il romanzo prima di rileggerlo diciamo in via definitiva.
Ma non è una media assoluta, in quanto ho un romanzo sul quale sto lavorando da quasi tre anni e non lo sento ancora come lo vorrei io.
Devo sentirlo uno scritto per essere decisa a fargli vedere la luce. Deve entrarmi dentro e devo non riuscire a pensare ad altro per giorni e giorni. Solo così credo di poter fare breccia in chi lo leggerà.
Cosa provi mentre scrivi i tuoi romanzi?
Scrivere è catartico ed è la miglior terapia del mondo. Nel romanzo confluiscono frammenti di paure, di passato realmente vissuto, di desideri a volte taciuti e di speranze per il futuro. Mi affeziono ai miei personaggi a tal punto che quando metto la parola fine mi mancano, come se fossero amici che se ne vanno via. Per questo ho scritto lo spin off e ritroveremo qualche protagonista de “L’eccezione alla sua regola”. Non riuscivo a staccarmi da loro.
Nelle tue storie c’è un messaggio di fondo? Qualcosa che vorresti trasmettere a chi legge i tuoi libri?
Ogni mio libro parte da un nucleo attorno al quale ruotano le esperienze dei personaggi. Nella mia ultima pubblicazione il nucleo risiede nel credere che ci siano seconde possibilità che ci aspettano e che non bisogna mai dubitarne. E non parlo solo di seconde possibilità in amore, ma nella vita in generale: lavoro, famiglia, amicizie. Nella vita si fanno sbagli ed errori, ma bisogna andare avanti, migliorandosi e ricercando la serenità.
Nel prossimo romanzo invece… lo scopriremo.
Autore preferito?
Coelho, Neruda, Follett, Ammanniti, Baricco, Armentrout. Ne ho detti troppi? 😊
Se dovessi trovarti su un’isola deserta e potessi portarti solamente tre libri, quali sceglieresti e perché?
Porterei “Veronika decide di morire” perché non mi stancherei mai di leggerlo. Poi “Manuale del guerriero della luce” perché è di grande ispirazione e motivazione. Poi porterei “Il Regno di Cenere” della Maas. Uno degli ultimi libri fantasy che ho letto e che mi ha dato una forza incredibile per affrontare un periodo non proprio leggero.
Hai qualche consiglio per chi si sta affacciando adesso in questo settore o vorrebbe provare a “buttarsi”?
Più che buttarsi vorrei dire a chi vuole scrivere di leggere, leggere e leggere. E studiare. Tanto. Perché la lingua italiana è complicata e piena di regole che crediamo di sapere, ma non è così. E mi ci metto in mezzo assolutamente anche io. Poi consiglio il manoscritto di chiuderlo in un cassetto per qualche settimana e dimenticarlo. Una volta ritirato fuori, rileggerlo e perfezionarlo, correggerlo, leggerlo ad alta voce, stampato, in digitale. Insomma, rileggerlo fino alla nausea.
Ultimo step: affidarsi a persone competenti (editor, beta reader, correttori di bozze) che diano un parere onesto sull’opera. E, solo dopo, decidere se pubblicarlo in self o con una CE.
L'eccezione alla sua regola
Titolo: L’eccezione alla sua regola
Anno di uscita: 2021
Casa Editrice : Blueberry Edizioni
“L’eccezione alla sua regola”, pubblicato da Blueberry Edizioni nel dicembre 2021, vede come protagonisti Emma e Gionata. Entrambi sono alle prese con un passato difficoltoso e, per motivi diversi, hanno bisogno di ritrovare fiducia in loro stessi e nella vita.
Si troveranno a lavorare gomito a gomito per un importante evento e tutto filerà più o meno liscio, fino a quando non scenderanno in campo i sentimenti, impossibili da controllare.
I due, sorretti dagli amici di sempre, compiranno un percorso di maturazione e, anche attraverso il dolore e il distacco, emanciperanno loro stessi e la loro vita.
Mi hanno chiesto in molti da dove deriva il nome “Gionata”. E’ un nome di origine ebraica, significa Dono di Dio. Mi è rimasta impressa una lettura della Bibbia su Saul e suo figlio, Gionata. Viene descritto come valoroso e abile guerriero “più potente del leone”. Da lì, ho deciso che quello sarebbe stato il nome del mio protagonista (e che avrebbe avuto un tatuaggio col leone su una mano).
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